In occasione dell’8 marzo Essere Sinistra intervista le donne. Quelle che tutti i giorni vivono la realtà della vita in Italia. Che credono, ricordano, immaginano, progettano. Vivono, appunto e ci danno la loro sensazione del mondo. Sono diventate un soggetto attivo sociale, culturale, politico grazie alla loro lotta e ai partiti di sinistra.
Perchè la sinistra è emancipazione di ogni forma di vita umana che non deve più essere oppressa o repressa in alcun modo.
Per questo i lavoratori vogliono parlare ed essere ascoltati. Come gli studenti, le minoranze, i poveri. E da quando parlano e si ascoltano le donne, abbiamo un mondo più degno di essere vissuto.
La Redazione
Parliamo con ZENILDA, 81 anni, di Roma. Divorziata, tre figli.
ES: E’ sempre indelicato chiedere ad una Signora l’età, quindi diciamo che Lei ha un’età di tutto rispetto. Ma la protagonista di questa intervista è come un fiume in piena.
Ho 81 anni e sono nata in pieno regime fascista a Roma, eravamo 6 fratelli e con noi viveva anche la mia nonna materna che è morta nel 1943.
ES: Che tipo di educazione ha ricevuto dai suoi genitori?
Ho ricevuta una educazione severa, all’antica. Mia madre era del 1896 e aveva conservato le rigide idee di quel secolo. Era una donna forte e determinata che aveva vissuto due guerre e una dittatura. Non approvava neanche il rapporto d’amicizia fra donne e forse per questo nemmeno io ho mai avuto molte amiche.
ES: I suoi genitori hanno condizionato la sua crescita o l’hanno lasciata libera di scegliere e di sbagliare?
Ovviamente con una educazione come quella che ho ricevuto, sono stata condizionata e parecchio. Avevo anch’io una mentalità molto rigida e solo a 60 anni, dopo un dolore molto forte, la maggiore delle mie figlie mi ha convinto ad andare da uno psicologo per tentare di sciogliere un po’ quei nodi che mi hanno ‘legata’ per tanto tempo anche nei rapporti con la famiglia che poi mi sono creata.
Ero una ragazza ubbidiente. Solo sul mio matrimonio ho puntato i piedi. I miei genitori non volevano per vari motivi: lui, era tedesco e per la memoria della guerra per mia madre era ancora troppo viva. Dopo il matrimonio sarei andata in Germania, lontano da loro, per questo forse non lo ritenevano adatto a me. Col senno di poi, forse non avevano torto!
ES: Quali erano i suoi sogni da realizzare, le sue aspirazioni e che tipo di percezione ha sempre avuto rispetto al ruolo della figura femminile nella società?
Avrei voluto fare l’insegnante, avrei voluto studiare lingue all’Università di Napoli. Ma mia madre non ammetteva neanche l’idea che una figlia, non sposata, potesse vivere da sola, fuori casa e in un’altra città per giunta.
Secondo lei la donna doveva rimanere a casa, mentre secondo me aveva il diritto, ma anche il dovere, di impegnarsi anche fuori casa, nella società e quindi di avere una professione o comunque un lavoro per realizzare se stessa.
Con l’aiuto di mio padre arrivai ad un compromesso, mi spiegò che in quel momento non era in condizioni di mantenermi all’Università, ma che avrebbe cercato un modo per farmi conseguire un diploma superiore se non una laurea – avevo conseguito nel 1953 la maturità classica – così che in un futuro avrei potuto lavorare.
Nella mia testa mi ha sempre martellato l’idea che una donna abbia parità di diritti rispetto ad un uomo, ma a casa mia non era così. La precedenza spettava a mio fratello, il figlio maschio, perché si riteneva all’epoca che avrebbe dovuto in futuro mantenere una famiglia. Secondo me invece anche una donna doveva essere in grado di farlo. Continua a leggere →