Parla con lei: Giuliana e il valore dell’autonomia

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In occasione dell’8 marzo Essere Sinistra intervista le donne. Quelle che tutti i giorni vivono la realtà della vita in Italia. Che credono, ricordano, immaginano, progettano. Vivono, appunto e ci danno la loro sensazione del mondo. Sono diventate un soggetto attivo sociale, culturale, politico grazie alla loro lotta e ai partiti di sinistra.
Perchè la sinistra è emancipazione di ogni forma di vita umana che non deve più essere oppressa o repressa in alcun modo.
Per questo i lavoratori vogliono parlare ed essere ascoltati. Come gli studenti, le minoranze, i poveri. E da quando parlano e si ascoltano le donne, abbiamo un mondo più degno di essere vissuto. 

La Redazione


Parliamo con GIULIANA, 65 anni, di Milano. Sposata, due figlie


ES:  Quando eri ragazza come immaginavi sarebbe stata la tua vita una volta diventata donna?

Volevo studiare lingue e immaginavo di trovare un lavoro che mi permettesse l’affrancamento economico dalla famiglia d’origine, un lavoro che mi portasse a viaggiare, poi, nel tempo mi vedevo con una famiglia mia.

ES: Quanto l’idea che ti eri fatta si è rivelata aderente a ciò che è stara finora?

Non del tutto aderente. Non ho potuto continuare gli studi come avrei voluto, e non ho potuto realizzare il desiderio di un lavoro indipendente che mi portasse a viaggiare.

ES: Che aspettative aveva, su di te, in quanto figlia femmina, la tua famiglia d’origine?

Parecchie, su tutte il fatto che contribuissi al bilancio familiare, e per questo mi hanno mandato a lavorare molto presto, anche se io avrei voluto proseguire gli studi.

ES: In che misura ti hanno condizionata?

Molto condizionata. I miei genitori, immigrati per sfuggire alla miseria, non vedevano altro per me che un lavoro qualsiasi che consentisse di aiutare economicamente la famiglia.

ES:  Già a scuola o nell’infanzia ti sei sentita diversa per il fatto di essere femmina? E cosa hai provato?

Qualche volta. Sono andata a scuola in anni in cui maschi e femmine avevano classi divise, ed era la normalità a quel tempo.

ES: Hai mai avuto paura di subire un’aggressione o una violenza sessuale?

Sì, parecchie volte.

ES: Come ha condizionato la tua vita questa paura?

Non mi sono lasciata particolarmente condizionare, stavo sempre molto attenta, mi guardavo le spalle, ma ho sempre vissuto normalmente.

ES: Hai mai subito una qualsiasi forma di violenza (anche psicologica) da parte di un uomo?

Sì, molte volte.

ES: Nel mondo del lavoro come ti senti in quanto donna?

Discriminata, sempre, in ogni ambito.
Oggi sono pensionata.

ES: Pensi che i condizionamenti famigliari, in quanto donna, abbiano in qualche modo influito sulle tue scelte personali?

Certamente.

ES: Nella tua quotidianità quanto spesso ti senti sola nell’affrontare problemi e decisioni?

Molte volte.

ES:  Senti reale vicinanza da altre donne al di là della condivisione verbale di ansietà etc.?

Poca

ES: Le tue amiche e conoscenti vivono i tuoi stessi disagi? Pensi che sentano senso di isolamento, inadeguatezza, insicurezza come persone?

Qualcuna sì.

ES: Quanto spesso ti senti non riconosciuta, svalorizzata nel tuo essere una donna in ogni ambito in cui ti relazioni?

Qualche volta.

ES: Pensi di aver potuto vivere la maternità così come sarebbe stato giusto per te e per le tue figlie? Se no, come ti ha fatto sentire??

Sì, fortunatamente le mie maternità sono state consapevoli-

ES: Cos’hanno rappresentato, per te, le lotte per la conquista dei diritti da parte delle donne?

Un impegno importantissimo che ci è costato parecchi sacrifici e rinunce, che va difeso e continuato.

ES: Pensi che i diritti conquistati abbiano realmente rappresentato il cambiamento nel tuo quotidiano?

Solo in minima parte.

ES: Saresti disposta ad impegnarti, oggi, per la difesa di quei diritti? Riesci ad immaginarti impegnata in quell’ambito?

Certo

ES: Ritieni che le tue amiche siano a conoscenza di quelle lotte?

Non tutte

ES: Pensi di essere stata discriminata in quanto donna e madre? Se sì, come ti ha fatto sentire?

Qualche volta è successo, e in un ambito che avrebbe dovuto essere coerente con le idee e le lotte che si portavano avanti. Lavoravo a l’Unità e quando mi accadeva di venire penalizzata in quanto donna e madre, mi faceva molto arrabbiare e mi riempiva di amarezza.

ES: Ritieni che tuo marito sia realmente consapevole e in grado di capire davvero le difficoltà e i disagi oltre che la tua eventuale solitudine?

Per la maggior parte delle volte sì, anche se a volte succede che non se ne renda conto.

ES: E come ti fa sentire questo?

Mi ferisce.

ES: Se potessi tornare indietro con la consapevolezza che hai oggi, come valorizzeresti maggiormente te stessa, cosa non permetteresti più che ti fosse fatto o imposto?

Proseguirei gli studi, ad ogni costo.

ES: Ti senti realizzata come persona, malgrado tutto, o pensi che in quanto donna ti sia stato sottratto qualcosa?

Abbastanza. Ma se mi è stato sottratto qualcosa non è solo in quanto donna. Penso che a tutti, chi più chi meno, venga sottratto qualcosa alla fine.

ES: Cosa ti fa davvero arrabbiare maggiormente fra tutto ciò che ti fa sentire discriminata?

La svalorizzazione delle tue capacità.

ES: Rispetto alle donne più grandi della tua famiglia ti senti più o meno avvantaggiata, fortunata, facilitata? Se sì, in cosa?

Fortunata per certi versi, soprattutto rispetto ad oggi, per la possibilità di trovare lavoro facilmente che è toccata alla mia generazione.
Meno avvantaggiata per altri. La possibilità di studiare, di fare una carriera, di essere indipendenti molto presto, la consapevolezza maggiore delle proprie capacità, del proprio valore.

ES: Hai ancora la capacitá di sognare per te stessa?

Non molta ormai.

ES: Come ti immagini nel tuo futuro più lontano?

Immagino una vecchiaia abbastanza difficile.

ES: Grazie anche a te, Giuliana, e buon 8 marzo!

 

 

(immagine dal web)

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