Voglio vedere crescere tutti i bambini del mondo

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di Elena TORALDO
Kinshasa, Zaire (ora Repubblica Democratica del Congo), 1977.
Una bambina di circa 10 anni, nera, con indosso un vestitino liso di colore incerto, è distesa a terra un po’ discosta dal ciglio di una strada periferica, sotto il sole di un pomeriggio africano. Non si muove. Una bambina di circa 10 anni, bianca, grassottella, con indosso certamente degli abiti nuovi e puliti, passa in macchina con la mamma e chiede alla mamma come mai una bimba fosse distesa in terra sotto il sole. La mamma risponde che “dorme”. La risposta non avrebbe convinto neanche un bambino di 3 anni ma la bambina bianca preferisce non indagare oltre. Forse intuisce la verità, forse è il tono usato dalla mamma a sconsigliare ulteriori domande.

Non ricordo. Ma so che quell’immagine è rimasta indelebile nella mia memoria fino ad oggi e riacquista nitidezza ogni volta che in Italia, al verificarsi di un qualsiasi evento scatenante, si riaccende la propaganda razzista e xenofoba.

E ogni volta mi chiedo come sia possibile che persone che invocano le radici cristiane del nostro Paese come un’armatura di protezione contro la ricchezza culturale del Mondo, possano dimenticare allo stesso tempo l’insegnamento di solidarietà e carità (non di pietismo, come ci ricorda Papa Francesco) insito proprio in quelle radici.
E mi chiedo come uomini e donne che vivono in un Paese che è l’8° potenza industriale del mondo, possano anche solo immaginare di impedire ad altri uomini e donne, meno fortunati per nascita (e non per scelta), di vedere crescere i loro figli.

La più lunga crisi economica dall’avvento dell’industrializzazione ci ha reso la vita meno facile, a volte decisamente difficile, ed ha esacerbato gli animi. È un fatto.

Ma permettetemi di avere il dubbio che sfogare la rabbia contro i più deboli non sia solo una reazione istintiva ma anche e soprattutto indotta e funzionale a coloro che sono i veri responsabili delle difficoltà che i cittadini italiani vivono tutti i giorni. Indotta da un lato, per indurci a sfogare la nostra rabbia e la nostra frustrazione verso un “nemico” inesistente e, dall’altro, per impedirci di valutare appieno le responsabilità gravissime di chi non solo non ha saputo (voluto?) governare la crisi ma ha anche consentito che la disuguaglianza esistente crescesse a dismisura.

L’Italia è il Paese europeo con una presenza di immigrati non cittadini assolutamente in linea (anzi, leggermente inferiore) rispetto agli altri Paesi europei di dimensioni simili al nostro. In compenso, però, è anche il Paese meno multietnico e quello dove meno vengono accolte le domande di cittadinanza. In Italia, nel 2014 si registrava una presenza di immigrati di 4.922.085 unità pari all’8,10% della popolazione. Nello stesso anno si è avuta nuova immigrazione per 350.772 unità, pari allo 0,58% della popolazione.

 

POPOLAZIONE

IMMIGRATI RESIDENTI

% IMMIGRATI RESIDENTI SU POPOLAZIONE

NUOVE CITTADINANZE CONCESSE

% NUOVE CITTADINANZE CONCESSE SU POPOLAZIONE

IMMIGRAZIONE 2014

% IMMIGRAZIONE 2014 SU POPOLAZIONE

BELGIO

11.203.992

1.264.427

11,29%

38.612

0,34%

147.387

1,32%

FRANCIA

63.928.608

4.157.478

6,50%

96.051

0,15%

327.431

0,51%

GERMANIA

80.767.463

7.011.811

8,68%

114.637

0,14%

592.175

0,73%

ITALIA

60.782.668

4.922.085

8,10%

65.383

0,11%

350.772

0,58%

REGNO UNITO

64.308.261

4.998.453

7,77%

193.884

0,30%

498.040

0,77%

SPAGNA

46.512.199

4.677.059

10,06%

94.142

0,20%

304.053

0,65%

L’Italia è il Paese dove ancora non si riesce a far passare una modifica legislativa che consenta a chi è nato in Italia di essere cittadino italiano (jus soli).

Storicamente, i Paesi coloniali come Regno Unito, Francia e Belgio, hanno accolto e concesso la cittadinanza alle persone provenienti dalle proprie ex colonie. L’Italia no. Chi ancora inneggia alla potenza imperiale dell’Italia fascista è anche chi, con maggiore violenza, si scaglia contro le politiche di accoglienza ed integrazione dei migranti provenienti, in buon numero, anche da quei Paesi che, per abbastanza poco tempo (per fortuna) sono stati domini coloniali italiani: la Libia, l’Eritrea, l’Etiopia e la Somalia.

Paesi che vivono la guerra, la siccità, la carestia, la mancanza di servizi sanitari di base. Paesi dove la mortalità infantile è 50 volte superiore a quella europea: dove il 10% dei bambini non arriverà a compiere 5 anni.

Ma ci chiediamo mai perché gli altri grandi Paesi europei (ed anche il piccolo Belgio) non solo hanno economie più prospere ma hanno anche potuto investire in integrazione (oltre a garantire ai propri cittadini un welfare di base ben superiore a quello italiano) senza scatenare la “guerra tra poveri”? Non sarà, anche, per caso, perché, in quei Paesi, l’evasione fiscale non ammonta al 27% del PIL (e quindi le risorse pubbliche sono sufficienti per tutti) o perché, sempre in quei Paesi, non scoppia uno scandalo tangenti (o mazzette, che dir si voglia) ogni settimana? Sarà forse che, in quei Paesi, “etica pubblica” è ancora una locuzione con un qualche significato?

Lo scandalo di Mafia Capitale ci ha fatto conoscere che i 30 euro che lo Stato passa a chi gestisce i centri di accoglienza per i richiedenti asilo e per i RSC (Rom, Sinti e Camminanti, che noi accomuniamo, genericamente, sotto le parole – dispregiative – di Rom o nomadi o zingari) sono serviti a tutto tranne che a garantire loro una permanenza dignitosa e politiche attive di integrazione ed inclusione.

Certo, 30 euro al giorno a persona sono tanti, soprattutto se visti con gli occhi di chi ha perso il lavoro e non sa come pagare il mutuo o l’affitto. Ma sarebbero stati un investimento sul futuro (ricordiamoci che il nostro tasso di natalità sarebbe negativo se non fosse per la propensione a procreare delle donne immigrate) se non fossero serviti ad ingrassare la “terra di mezzo”. E terra di mezzo ne abbiamo tanta, in Italia. Troppa. E drena risorse, ruba alla collettività, e ruba il futuro a noi, ai nostri figli ed anche a chi, meno fortunato, spera in un futuro migliore, lontano dalla propria terra.

La carenza di risorse e la disuguaglianza della loro distribuzione sono i nostri veri nemici, non qualche migliaia di migranti sui barconi.

Anche perché, a dircela proprio tutta, i migranti dei barconi sono la minima parte degli immigrati che arrivano in Italia. Tutti quelli che possono, arrivano con un bel biglietto aereo e un bel visto turistico. Ma noi ci facciamo spaventare dagli “sbarchi”, dalla spesa necessaria per soccorrere queste persone in mare. Dalla spesa necessaria per salvare delle vite ed evitare delle morti.

E ci facciamo distrarre dai veri problemi: la carenza di risorse, la disuguaglianza della loro distribuzione e la volontà politica di non risolvere nessuno dei due problemi.

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