A ognuno il proprio Salvini

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di Vincenzo G. PALIOTTI

Non poteva mancare in un Paese come gli USA, dove il razzismo non è mai stato vinto, nonostante il loro “numero uno” sia di colore. Bisogna specialmente andare negli Stati del sud per avere un’idea che la discriminazione esiste ancora ed è come un fuoco sotto la cenere: basta un soffio per rianimarne la fiamma.

In questi giorni si sta mettendo in “luce” un pretendente alla Casa Bianca che è l’espressione più “genuina” del razzismo, approfittando della situazione internazionale molto tesa e della sfida che l’IS ha lanciato all’occidente il senatore Donald Trump, naturalmente conservatore e quindi repubblicano doc, non ha perso l’occasione per lanciarsi contro tutto ciò che non è americano doc. Predica la chiusura delle frontiere ai musulmani.

Naturalmente le sue armi più usate sono la disinformazione, le bugie sulla situazione internazionale, le minacce che IS vanno dispensando verso l’occidente. Ignorando poi ipocritamente ed in linea con il suo orientamento politico che la causa principale dell’IS, come dei talebani di Osama Bin Laden sono proprio i suoi amati Stati Uniti d’America.
Qualcuno però, di nascita, crescita e passaporto americano, sebbene musulmano ha deciso di intervenire per “smascherare” il senatore e, dall’alto del suo carisma, della sua notorietà cerca di mettere in guardia il cittadino da elementi che hanno una visione contorta della realtà.

Si tratta nientemeno che di Kareem Adbul Jabbar, noto anche come Lew Alcindor, campione “infinito” della National Basketball Association.

Kareem ha giocato nel ruolo di centro nella NBA con i Milwaukee Bucks vincendo un titolo e con i Los Angeles Lakers, vincendone altri cinque. Dichiarato miglior giocatore della lega diverse volte detiene il record, ancora imbattuto, di punti segnati. 38.387 con una media a partita di 24,6 punti.

Ma Kareem è noto anche per il suo impegno politico quando negli anni ’60 fu creato un movimento per il riconoscimento dei diritti civili agli afro-americani affiancando Cassius Clay, anch’egli divenuto musulmano prendendo il nome di Muhammad Alì.

Sulla scia delle grida e delle condanne islamofobiche di Donald Trump, il grande Kareem Abdul-Jabbar ha scritto una colonna sul Time di mercoledì scorso paragonando il candidato presidenziale all’ISIS, lo Stato che si autodefinisce Islamico deturpando il paesaggio internazionale con la propria violenza diffusa e il terrorismo.

Appena tre giorni dopo che Trump ha chiesto di sbarrare a tutti i musulmani le “entrate negli Stati Uniti,” Abdul-Jabbar ha sostenuto che la cultura della paura che Trump ha creato con la sue intimidazioni, bugie e la discriminazione vera e propria è letteralmente analoga al terrorismo fisico che l’ISIS che ha perpetrato negli ultimi tempi.

Citando la definizione dal Webster Dictionary del terrorismo: “l’uso di atti violenti per spaventare le persone in un’area come espediente per cercare di raggiungere un obiettivo politico; l’uso sistematico del terrore soprattutto come mezzo di coercizione “, Abdul-Jabbar ha posto di fronte all’attenzione pubblica una teoria:” Se la violenza può essere un’astrazione – e può esserlo; questa è ciò che si configura come una minaccia”. La campagna di Trump risponde a questa definizione”.

In pratica Abdul-Jabbar ha “catalogato” il candidato repubblicano come un terrorista politico, la cui offensiva verbale viene eseguita per generare la paura, con il presupposto che quella paura, a sua volta, si trasformi in voti.

E questo uso tattico di terrore come un mezzo per un fine è, Abdul-Jabbar ha affermato, simile proprio al progetto ISIS  di distribuzione di panico e orrore come trampolino di lancio per la supremazia politica.

Kareem prosegue: Trump ha sfruttato disinformazione, mezze verità e l’inganno al fine di ottenere l’accesso a una posizione che dovrebbe essere garantita solo a coloro che respingessero tal strategie”, ha scritto Abdul-Jabbar, anche chiamando i sostenitori di Trump come sottoposti al “lavaggio del cervello “e ritenendo il loro sostegno “dannoso per il Paese “.

Abdul-Jabbar convertitosi all’Islam più di 40 anni fa, ribadisce il fatto che Trump sembra aver dimenticato nel suo discorso di quanti atleti musulmani-americani ci siano. Inoltre, il candidato e l’ex campione dei Lakers si sono già scontrati in precedenza scambiandosi duri colpi questa estate su altri argomenti, tra i quali l’importanza della libertà di parola.
Non è un segreto che Trump è un candidato che da mesi ha polarizzato i suoi attacchi verbali per tirare fuori le reazioni appassionate, spaventate, di elettori frustrati. Ma, con le parole di Abdul-Jabbar possiamo solo sperare che si capisca some sia essenziale respingere questo tipo di terrorismo in casa.
Una risposta quindi netta e dura dell’ex Laker che dovrebbe far pensare anche chi si allinea alle prese di posizione dei tanti frustrati, come li chiama Kareem, che seguono le uscite di gente che per un pugno di voti è pronto a tutto. Della serie, “ad ognuno il suo Salvini”.

 

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