Nient’altro che bestie

aabormioli

 

di Antonio DITARANTO

Ma che razza di bestie stiamo diventando; possibile che nostri concittadini protestano da giorni per il mantenimento del posto di lavoro e dei propri diritti di lavoratori che non vogliono sottostare alla mercificazione del lavoro e del salario, prendono le botte, manifestano in solitudine per le vie del centro alla ricerca di un minimo di solidarietà e noi, noi tutti benpensanti, noi che fregiamo del titolo di persone civili, attenti alle problematiche della società, lasciamo che il tutto avvenga sotto i nostri occhi nella più totale indifferenza? Possibile?

Ancora ieri sera i facchini della Bormioli sono stati sgomberati dal presidio davanti ai magazzini della Bormioli dalla polizia in tenuta antisommossa e inseguiti fin’anche in tangenziale, si perché non basta allontanarli dal picchetto, li si deve inseguire per centinaia di metri perché devono capire chi comanda, chi è il vero padrone. Continua a leggere

Schizzinoso? No. Universitario e disoccupato

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di Vincenzo G. PALIOTTI

Dichiarazioni come quelle del ministro Giuliano Poletti danno l’idea precisa di quanto questi sfrontati manichini del potere finanziario siano lontani dalla realtà, quanto ignorino le tematiche e le problematiche che si presentano a un giovane che spera di avviarsi al lavoro e/o allo studio.

Il ministro incita i giovani “schizzinosi” ad “andare a lavorare”, che – per come lo dice – pare che questi vogliano perdere tempo all’università e, sempre per i suoi toni arroganti e sprezzanti, quasi privando il Paese di quelle “risorse” che sono indispensabili per mandare avanti il mondo del lavoro. E qui non ci starebbe male una risata sonora.

Confermando quanto detto rispetto alla conoscenza della realtà, oggi un giovane è quasi “costretto” a prolungare il suo percorso studi perché dove lo trova il lavoro? Un tempo era così: quando non si poteva arrivare alla laurea, si entrava nel mondo del lavoro, con il diploma superiore e c’era anche chi ci entrava con la terza media.

Allora si poteva, allora un lavoro lo si trovava. E’ veramente ridicolo che il ministro del Lavoro (suo, personale) non si sia fatto questo elementare discorso. Credo che come il suo premier, lui viva degli annunci vuoti e falsi che parlano di aumento dell’occupazione, lui come il suo premier ha vissuto sempre in “discesa”: le salite le hanno sempre lasciate agli altri.

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L’anno che ha indebolito i lavoratori

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di Nello BALZANO

25 ottobre 2014, la CGIL e la UIL in piazza, una piazza meravigliosa, per manifestare contro il JOBS ACT, più o meno in contemporanea all’interno della stazione della Leopolda, un tal Davide SERRA rispose alla manifestazione dicendo che bisognava abolire lo sciopero.

Tutti hanno stigmatizzato quell’affermazione, compresa la “potente” sinistra PD, che era un po’ schizofrenica, come sappiamo: intanto votava a favore del JOBS ACT. Bene, siccome non credo ai benefattori, soprattutto quando guadagnano soldi, trasferendo i capitali alle isole Cayman, oggi ad un anno di distanza dico che il suo finanziamento alle iniziative del premier stanno vedendo il rendimento. L’apatia che regna nei lavoratori è ai suoi massimi, oggi inoltre abbiamo parecchie centinaia di migliaia di lavoratori che non conosceranno più il significato di lotta sindacale, anzi di più non sapranno nemmeno cosa sono i sindacati, perché nominarli in regime di assunzione con il JOBS ACT, significa ricevere la lettera di licenziamento. Ha vinto Davide SERRA, ha vinto il cinico trasferimento, i miei complimenti.

Ma, come se non bastasse, in questi giorni le varie anime della sinistra stanno dibattendo, partito sì, partito no, alleanze sì, alleanze forse, alleanze no, dimenticandosi che c’è un pezzo di Paese che ha deciso di abbandonare il suo diritto di voto, o ancora peggio votare M5S e Lega.

Questi forse hanno un torto: non hanno letto Marx, si ricordano a malapena di Berlinguer, a qualcuno di loro se gli poniamo la dimanda: “sai chi è Antonio GRAMSCI?”, probabilmente in minoranza ti dirà che il fondatore dell’UNITÀ. Già perché voi che oggi vi perdete nei vostri sofismi, nelle vostre teorie, nelle vostre orgogliose prese di posizione, dimenticate che c’è un pezzo enorme di Paese, che non vota e vorrebbe votare per un partito che con sincerità e sacrificio difenda i suoi diritti. Esiste, fatevene una ragione: le vostre chiacchiere stanno a zero.

Oggi, l’unico risultato certo, lo ripeto, è che sta vincendo Davide SERRA.

Credergli? No, non ce la posso fare

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di Nello BALZANO

Sono dappertutto, su ogni tg, talk show, programma sportivo: fra poco inseriranno loro proclami anche nei film. Cercano in tutti i modi di farmi diventare renziano.

“Dai, dai. Convinciti anche tu”, con una voce ipnotica. Sembra di stare in “1984” di Orwell.

E come puoi restare indifferente di fronte al ministro Maria Elena Boschi che dice: “I sindacati hanno contribuito a bloccare il Paese”, saranno i suoi occhi azzurri, la sua “semplicità”, le sue origini da famiglia “operaia”, forse, però, la cosa che condiziona di più, sarà la sua appartenenza al più grande partito di “sinistra”, vero?

Ma la sua timidezza forse le ha impedito di andare oltre, perché a quel punto avrei anche detto: “cari lavoratori che siete stati assunti con il Jobs Act, se per caso avrete un problema con il vostro padrone (non è un errore, mi sto adeguando al nuovo linguaggio dei tempi odierni), non bussate la porta di quegli sfaticati di sindacalisti, prendete appuntamento con il professor Ichino, solo lui è in grado di spiegarvi che: licenziato è bello”.

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Il discorso di Verdenzi all’Expo

di Vincenzo G. PALIOTTI

Si, avete letto bene. Colui che da Presidente del Consiglio ha parlato all’Expo è un animale ibrido: formato da Denis Verdini e Matteo Renzi.

E quindi si tratta di prendere atto di un berlusconismo alla potenza ennesima. Gestito dal fu “più grande partito della sinistra italiana”.

Ora, il “Verdenzi”, ricordando i fasti di Berlusconi, annuncia di voler cancellare completamente la tassa sulla prima casa, al solito non entra nel merito e non ci dice dove andrà a prendere le coperture. Un’altra delle sue autocelebrazioni, quindi, e nulla più. Una “passerella” sulle cose fatte, sulle cosidette riforme, un riferimento ai “musi lunghi”, nuovo termine, che farebbero di tutto per “oscurare” i suoi grandi meriti e per nascondere i risultati che a suo dire sono eccellenti. Una lunga lista di benefici che avrebbe procurato al paese, di cui noi “musi lunghi” non troviamo traccia. Meglio musi lunghi che visi pallidi, mi permetto di dire.

Parafrasando un discorso di Bersani che si riferiva a Berlusconi, il quale in un discorso sulla fiducia parlava appunto di cosa egli avesse fatto a favore dell’Italia, Pierluigi gli disse: “Ma perché non chiede anche il Nobel per la pace?”.

Peccato però che il premier/segretario ora non dica che la disoccupazione è rimasta ai livelli insopportabili, specie tra i giovani dove ha raggiunto il 40%, e non parli dei poveri assoluti.

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Il collasso dell’euro(pa)

bandierastrappata

di Michele CASALUCCI

In questi giorni di torrido caldo non è difficile prevedere scenari di turbolenza in rapidissimo avvicinamento.

Non è solo il mio ginocchio “malato” che prevede modifiche climatiche anche a distanza di molto tempo.

E’ l’attenzione di qualsiasi persona dotata di buon senso che riesca a leggere notizie e informazioni, dopo averle depurate di quella propaganda mainstream nella quale si è trasformata l’informazione, decadendo a mera comunicazione di concetti ed informazioni dettate da quanti detengono il potere in rappresentanza del capitalismo finanziario dominante.

Pavento uno scenario preoccupante perché lo schiaffo dei greci impartito con il referendum di domenica scorso ai “dirigenti” di questa europa e ai rappresentanti dei singoli stati, assuefatti e addomesticati alla rigida disciplina della Merkel, sembra non aver sortito effetto alcuno se non il loro vano ripetere che Tzipras deve dimostrare ragionevolezza e, soprattutto, deve “rispettare gli impegni”.

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Carne da macello

bovini

di Immacolata LEONE

Leggo che molte persone accusano la quiescenza degli italiani, se si è caduti nella fogna in cui siamo, avendo sempre votato malamente.
Per quello che mi riguarda forse è proprio chi lo dice , seduto dietro la scrivania e anche con il suo bel lavoro pagato, ad averlo fatto per anni seppur, voglio ancora pensare, in buona fede.
Sentire, vedere , constatare e subire sulla mia pelle che dopo venti anni di  gavetta si è allo stesso punto da dove si è partiti, se mi si permette, fa rigirare le budella.
Perché, parliamoci chiaro chi ce l’ha fatta a costruirsi una posizione è stato aiutato dai genitori o parenti con possibilità, punto.

Oggi che per me è non è piu possibile farlo mi sento di dire ad un giovane, che è povero e che non ha un futuro già delineato, sempre grazie ai famosi soldi di madre e padre, di andarsene da questa nazione, perché se ha vissuto i suoi primi 30 anni qui, non ha visto niente di quello che lo circonda.
E’ rimasto indietro anni luce.
Perché qui ormai ci sono solo vecchi e cinquantenni, laureati e non, senza più la dignità di uno straccio di lavoro.

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Ma non era colpa dell’art.18?

precari

di Vincenzo G. PALIOTTI

Voglio fare qualche considerazione sul Jobs Act e sull’abolizione dell’art. 18 e sugli effetti che (non) ha determinato dal momento del suo varo ad oggi rispetto a quello che tutto che i fan del Presidente del Consiglio si aspettavano da questa riforma.

Perché le aspettative erano tante, bastava che solo una parte dei “benefici” elencati dal premier segretario si avverasse perché anche io, sempre critico e contrario, avrei dovuto convenire che, poi, tutto sommato “ci voleva”. E invece mi trovo ancora una volta a dire: “lo sapevo”.

Nell’approvare questa riforma non si è tenuto conto del fattore predominante, della materia che si trattava che è estremamente complessa, delicata e difficile. Non si crea lavoro potendo licenziare più facilmente.

Dal punto di vista della mia esperienza lavorativa di quasi quarant’anni posso dire che gli esperti in materia, quelli che di solito curano gli interessi della controparte, l’azienda, questo “dettaglio” lo hanno sempre ignorato dall’alto della loro arroganza e dalle loro posizioni agiate, intoccabili, che, della precarietà altrui, ripeto altrui, si sono sempre curati poco.

Basti ricordare l’ammissione del prof. Ichino per il quale l’abolizione dell’articolo 18 serviva in pratica solo per poter licenziare più facilmente, eppure aveva anche lui teorizzato che questa cosa avrebbe aiutato il mercato del lavoro: a favore di chi vedeva i diritti dei lavoratori come il fumo negli occhi, aggiungo io.

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Lorenza Carlassarre: la Costituzione è un progetto di vita

di La Redazione

Il 6 giugno a Roma, l’Assemblea costitutiva di Coalizione Sociale si è aperta con l’appello dell’illlustre giurista Lorenza Carlassarre a difendere principi e prassi costituzionali che stanno per essere divelte e colpevolmente messe in disparte dalla legislazione dell’attuale governo di Matteo Renzi.

La Costituzione Italiana è la grammatica della nostra libertà, della nostra democrazia parlamentare, dei diritti sociali.

E’ un progetto di vita per le generazioni attuali e quelle future. Il potere governativo deve applicarla, non ignorarne i principi e tradire il progetto su cui si fonda la coesione del Paese.

Lorenza Carlassare si è quindi rivolta agli operatori del diritto: magistrati e avvocati. Si deve fare di tutto per far riconoscere come incostituzionali le norme del Jobs Act che violano i principi relativi all’equa retribuzione e ai diritti di chi lavora. Così come si devono portare l’Italicum e la Buona Scuola, che non è affatto buona, davanti alla Corte per verificarne tutti gli aspetti che non attuano il dettato costituzionale, ma che invece ne distorcono il progetto. Il suo progetto di democrazia dove la sovranità APPARTIENE al popolo. Che ne è stato defraudato.

Ascoltiamola.


 

La messa in scena di una democrazia senza popolo

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di Roberto RIZZARDI

[dal suo blog http://ilbloggerstagionato.blogspot.it/ ]

La confutazione più efficace alla pretesa renziana, e del PD da lui colonizzato, di essere di “sinistra” consiste nella constatazione che i cardini strategici del suo operato, anche senza voler scomodare agghiaccianti contiguità col famigerato “piano di rinascita democratica” di gelliana memoria, sono esattamente quelli che Berlusconi, dopo aver sistemato le sue più impellenti “necessità” personali, si provò a promuovere, senza mai riuscire a finalizzarli.

La sostanza della manovra renziana è abbastanza evidente, una volta sollevata la pesante coltre di mistificazioni copiosamente prodotte del nostro Primo Ministro. Si tratta delle tre “gambe” che sorreggono il suo ridisegno dello scenario:

  • sterilizzazione dello Statuto dei lavoratori ed arretramento di perlomeno cinquant’anni delle condizioni di confronto tra lavoratore ed imprenditore.

Missione compiuta tramite l’approvazione del mortale “job act”. Al di là, infatti, della ormai risibile definizione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato (nel senso che non è determinabile a priori quando si verrà licenziati liberamente e senza ambasce – per il datore di lavoro si intende) è del tutto evidente che chi vive, o cerca di vivere, di lavoro dipendente ora non è più sottoposto unicamente alle variazioni delle condizioni di mercato, ma anche alla valutazione del suo grado di “mansuetudine”. Il necessario prerequisito di instaurazione di una massiva forma di controllo e contenimento del dissenso popolare è così assicurato in maniera ottimale;

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