Andare in Confindustria e dirgli che…

confindustriarenzi

di Alessandro GALATIOTO

Immaginiamo un Presidente del Consiglio così. Che parli agli imprenditori e a Giorgio Squinzi così.
Parole che Renzi non usa, concetti che Renzi non ha. Perchè è di destra.

Gentile Presidente, Signore, Signori.

Vorrei in primo luogo ringraziarvi per la vostra ospitalità e per l’opportunità offertami di pronunciare questo discorso che, a differenza di molti di quelli da voi ascoltati negli scorsi anni, sicuramente vi darà spunti di riflessione.

E’ da cinque anni che la crisi sta dispiegando i suoi effetti sulle economie occidentali, nel nostro Paese questo si è tradotto in perdita di posti di lavoro, in chiusura di imprese ma soprattutto ha portato al pettine nodi la cui origine risale a tempi lontani ma i cui effetti rischiano oggi di azzerare ogni possibilità di agganciare i timidi segnali di ripresa che vediamo all’orizzonte.

La responsabilità di questi errori è da dividersi equamente tra chi ha occupato posizioni di Governo e chi ha operato come attore economico. Non sono qui però per far la lista dei buoni e dei cattivi, sono qui per proporvi di cambiare realmente lo stato delle cose ed aprire una nuova stagione di politica economica e di relazioni industriali.

Questa crisi ci ha drammaticamente mostrato che alcune delle realtà industriali alla base della nostra economia sono in un vicolo cieco. Il mercato dell’auto così come la conosciamo, è al capolinea; il “piccolo è bello” e il “tutti possono essere imprenditori” sono ormai smentiti dalla prova dei fatti. Non tutti sono capaci di fare gli imprenditori, ammettiamolo.

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