Waterboarding mentale e la pratica di hackerare e sorvegliare i PC

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di Massimo RIBAUDO

Mentre abbiamo gli occhi fissati sulla drammatica situazione greca e sulla constatazione che in Europa la democrazia viene sospesa se uno Stato ha un debito con le banche di un altro Stato, credo che si debba fare attenzione su due notizie che dovrebbero far suonare più di un campanello d’allarme.

In primo luogo, mi riferisco al caso Hacking team, una società italiana, un’eccellenza del nostro settore informatico, leader della produzione di software di intrusione e sorveglianza che vendeva a governi di tutto il mondo. Sì. Anche a quelli dittatoriali. I suoi server sono stati hackerati e si è scoperto, tra l’altro, che l’azienda vende software “in grado di penetrare le difese di Facebook, Twitter, Skype, Whatsapp, WeChat, Line e perfino la app per conversazioni cifrate Telegram“.

Non a caso Fabio Chiusi, giornalista attento ed esperto della relazione tra diritti umani, privacy e utilizzo delle tecnologie digitali, ci rivela che l’attività di Hacking Team permetteva a diversi governi un’attività di sorveglianza individuale così approfondita da costituire una forma di controllo totale sulle attività in rete degli individui.

Poi c’è la notizia delle intercettazioni delle conversazioni tra il Generale della Guardia di Finanza Adinolfi, l’attuale sindaco di Firenze Nardella, e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Sembra trapelare, da queste conversazioni, una capacità di fare pressioni sull’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano attraverso la conoscenza di informazioni sulla sua famiglia.

Non entro nei dettagli. Mi interessa di più collegare questi due fatti all’attività politica democratica, la quale, vista la forza delle banche e della capacità di spionaggio dei governi è messa, a questo punto, in stato di coma profondo.

Così mi chiedo: a fronte di questo intreccio senza precedenti tra possibilità di violare la privacy degli individui nelle loro comunicazioni private – non in relazione a attività pubbliche, ma per opinioni e comportamenti legati alla propria sfera personale non aventi rilevanza penale e giuridica – è ancora possibile fare politica senza subire ricatti su qualcosa di inconfessabile che provocherebbe riprovazione sociale, o una vera e propria crisi psicologica individuale?

Esiste ancora una sfera interna di libertà per nevrosi, gusti sessuali non conformi, giudizi o comportamenti immorali ma non lesivi di nessun diritto altrui, oppure vogliamo politici-sacerdoti purissimi?

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