L’analfabetismo funzionale. Un problema culturale, sociale e politico

education

di Daniele OIAN

Analfabetismo funzionale…qualcosa si muove? O è ancora troppo impercettibile?
Era il 2013, due anni fa, quando l’Ocse se ne usciva con un’indagine denominata “Skills outlook 2013” “All, adult Literacy and Life Skills” che vedeva gli italiani (noi) all’ultimo posto, tra 24 paesi sviluppati, per:
– competenze in lettura (literacy) e
– al penultimo per quelle in matematica (numeracy) e capacità di risolvere i problemi in ambiente fortemente tecnologici (problem solving).

Si trattava dei cosidetti “analfabeti funzionali”, cioè di coloro che non sanno utilizzare le abilità di base per potersi esprimere. Più brutalmente: non sono capaci di ragionare.

In Italia i dati sull’analfabetismo funzionale sono (come al solito) allarmanti; infatti, sembra che ci si attesti sul 47% della popolazione (contro il 7,5% della Svezia) e più del 70% della popolazione italiana rientra ancora oggi (le rilevazioni, promosse dall’Ocse, sono state svolte nel 2011-2012, ndr) nei limiti di quello che viene classificato come vero analfabetismo, l’analfabetismo funzionale che ricomprende quei casi in cui un percorso scolastico è stato portato avanti, ma la capacità di utilizzare gli strumenti appresi rimane molto ridotta.

Insomma, abbiamo un capitale umano “imbarazzante”. In tempi precedenti il linguista Tullio de Mauro citando vari studi, concludeva che “nel 2008 soltanto il 20 % della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea”.

Tuttavia se invece si confrontano i dati ottenuti (indagine Isfol-Piaac sulle competenze degli adulti 16-65enni) con quelli emersi dalle equivalenti indagini OCSE (IALS, 1994-98;ALL, 2006-08) precedenti a PIAAC, si evidenziano comunque alcuni aspetti positivi:
– un processo di contenimento dell’analfabetismo. Rispetto al passato diminuisce la percentuale di popolazione che si posiziona nei livelli più bassi di competenza (la quota sotto il livello 1 passa dal 14% a circa il 5,5%), mentre al contempo è aumentata la percentuale di popolazione a livello 2 (dal 34,5% al 42,3%);
– la riduzione della forbice tra giovani e anziani. Il gap tra la fascia dei 16-24enni e la fascia dei 55-64enni passa, per quanto riguarda le competenze alfabetiche, dai 63 punti delle precedenti indagini ai 30 di PIAAC, con un miglioramento delle fasce di età più mature;
– la contrazione dello scarto con la media OCSE relativamente alle competenze alfabetiche e un miglioramento complessivo rispetto alle altre indagini svolte negli ultimi anni;
-si assottiglia, fino ad annullarsi, il divario nelle competenze di literacy tra maschi e femmine: mentre in IALS in divario era di 11,2 punti a sfavore delle donne, in PIAAC è pressoché identico (+0,2 a favore delle donne).
Ma è troppo poco.

“Per rispondere all’allarme dell’OCSE questo paese deve ribaltare il concetto stesso di competenza.

Una scuola dogmatica è una scuola che respinge, e che insegna senza insegnare.
Una scuola che costruisce e valorizza le competenze, invece, è una scuola capace di accogliere, e di insegnare gli strumenti di comprensione del mondo”.

Un analfabeta funzionale “traduce il mondo paragonandolo esclusivamente alle sue esperienze dirette (la crisi economica è soltanto la diminuzione del suo potere d’acquisto, la guerra in Ucraina è un problema solo se aumenta il prezzo del gas, il taglio delle tasse è giusto anche se corrisponde ad un taglio dei servizi pubblici, non fa differenza fra richiedente asilo e “immigrato”…) e non è capace di costruire un’analisi complessiva che tenga conto anche delle conseguenze indirette, collettive, a lungo termine, lontane per spazio o per tempo.”

La nostra poca capacità intellettiva è funzionale all’egemonia sottoculturale di certa politica, purtroppo stabile al posto di comando, del perenne annuncio?

 

3 Pensieri su &Idquo;L’analfabetismo funzionale. Un problema culturale, sociale e politico

  1. I comizi renziani con le profusione di intenzionalità buoniste , concetti astratti e generici ,di superficialità sono l’espressione di questo analfabetismo

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  2. Pingback: L’immagine tra face-ism e body-ism | Nuvolette di pensieri

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