Poveri, ma tanti

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di Nello BALZANO

I ricchi sono pochi, ma contano. In questo periodo di vacanze loro non vanno nei posti esclusivi (che, appunto, escludono) per ostentare, ma per non mischiarsi con i “poveri”.

Quello che fanno non è poi tanto diverso da ciò che si potrebbe fare in un altro posto alla portata di molti, ma è riservato solo ad essi. I ricchi non si fanno la guerra tra di loro, ma riescono sempre a trovare l’unità di intenti. Loro non hanno il problema da che parte stare, scelgono sempre la parte giusta, quella che tutela i loro privilegi.

Non hanno bisogno di tessere, ma basta partecipare ad una cena di finanziamento da 1000 euro. Non invocano le “ruspe”, te le comprano, perché le possa guidare tu: loro le mani non se le sporcano. Non è un problema se il cammello passa dalla cruna dell’ago e il ricco no perché sanno che a dirglielo è chi vive in un attico da 800 metri quadrati nel centro di Roma e non si riferisce a loro, ma a chi sogna di diventare come loro.

Non si informano, ma passano le notizie ai poveri, perché possano distogliersi dal problema che rappresentano i ricchi – la concentrazione delle risorse in poche mani – e concentrarsi meglio sulla guerra tra poveri, dichiarata dai ricchi.

Leggevo un commento sotto un articolo di economia, che spiegava la situazione di crisi che si sta vivendo. Il tono era più o meno il seguente: la crisi non è altro che un riportare la realtà indietro di 70 anni, quando le masse dovevano solo lavorare e non concedersi nulla, chi oggi si lamenta sbaglia perché certi stili di vita non si adattavano a determinati classi sociali.

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Tre brevi racconti greci d’estate

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di Yanis VAROUFAKIS

[traduzione dal suo blog di Three brief Greeck summer tales. Agosto 2013]

Da bambino, ero affascinato dai racconti di mia madre, e di sua madre, del 1940, e in particolare dalle loro storie di vita sotto l’occupazione nazista. Forse non è un caso che i libri per bambini di una volta sono pieni di racconti macabri di omicidi, smembramenti e orrori assortiti.

La maggior parte di quei racconti erano disperati tentativi da parte delle donne della mia famiglia di trasmettere a un giovane, bambino viziato l’orrore  delle loro esperienze, il valore del pane, la memoria della solidarietà e della capacità di resistenza in un ambiente di schifo e paura opprimente.

L’inverno del 1941 era così impresso nella mia mente, quasi completamente con le immagini in bianco e nero, che il racconto di mia madre aveva prodotto, di carri trainati da cavalli che facevano il loro giro mattutino per le strade di Atene, raccogliendo i cadaveri di coloro che erano morti di fame la notte prima. Fuori da questo drappo di dolore, spuntava un racconto.

Ciò che rendeva questo particolare racconto un qualcosa che si conficcava nella mia mente non era un atto di eroismo poco appariscente o un tradimento indicibile (ce ne erano un sacco in quelli delle altre storie), né una tragedia che la mia mente giovane aveva trovato particolarmente atroce.

No, era un semplice racconto di una settimana passata su qualche spiaggia del Peloponneso, nell’estate del 1943. Mia madre era stata malata di tubercolosi e mia nonna pensava che sarebbe d’aiuto se avesse trascorso qualche tempo vicino l’acqua di mare, lontano dal pozzo nero di dolore e malattia che era Atene occupata. Le storie liriche di mia madre dei piccoli piaceri che hanno apprezzato su quella spiaggia soleggiata, nonostante le loro pance vuote e il buio che avvolgeva la nazione, ha assunto un significato immaginario della mia infanzia che è ancora con me.

Agosto 2013. Sto trascorrendo, mentre scrivo questo, gli ultimi giorni di estate, prima di tornare negli Stati Uniti, a Egina – la nostra isola santuario greco. Non è il 1941, non è il 1943. Il ronzio dei ristoranti è il consueto ronzio di mezza estate, il mare è blu come non mai, i traghetti trasportano i turisti fugaci. E tuttavia, la Grecia è nella morsa di una calamità che chi ha vissuto il 1940 pensava che non avrebbe mai dovuto vivere di nuovo. Ma devo desistere. Questo non è il posto per analisi e argomentazioni in relazione alla nostra catastrofe greca contemporanea. Questo è un pezzo di brevi racconti estivi. Quindi, mi permetto di raccontarvi tre storie del genere.

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