La voce del padrone

His_Master's_Voice

di Nello BALZANO

C’è un dato che l’ISTAT ci segnala che passa inosservato, non perché non merita la dovuta attenzione, ma perché è “pericoloso” diffonderlo, deve essere schiacciato, mischiato con le altre notizie: la finale di Coppa dei Campioni di calcio, i 150.000 nuovi assunti, meglio, nuovi precari del JOBS ACT, le vicende che riguardano l’elezione del presidente della Regione Campania, Mafia Capitale che coinvolge in modo bipartisan le forze politiche al centro della scena (un teatrino dei pupi) politica.

7.000.000 (sette milioni) di invisibili, 7.000.000 che devono rimanere tali, che nel silenzio delle loro grida, non devono distrarre l’opinione pubblica, non devono disturbare il “manovratore”, che non è solo colui che dall’alto della sua posizione ci racconta a reti unificate un mondo fantastico, ma anche le nostre sensazioni coinvolte in questo turbinio di notizie.

Ci caschiamo in pieno nella trappola di rispondere al nulla, riusciamo senza rendercene conto ad interpretare il clima che deve regnare nel Paese, perché con le nostre mille interpretazioni, con le nostre mille soluzioni, entriamo a far parte anche noi della confusione.

Chi è rappresentato in questo enorme dato dei “sette milioni”: sono coloro che non hanno un lavoro, coloro che sono entrati nel limbo della rassegnazione nel cercare un’occupazione, ma ci vengono rappresentati come numeri, come fredde percentuali, mentre ognuno nasconde una storia di vita che non riesce più a comprendere il limite della sofferenza.

Non dimentichiamo che insieme a questi ce ne sono altrettanti e forse più che stanno entrando nella soglia di povertà o che ci sono già entrati, tutte queste persone, queste famiglie, non ci dicono più nulla, perché non possono distrarre le loro energie per qualcosa di inutile: devono sopravvivere.

Non c’è piazza che li contenga, non c’è metropoli che sia in grado di ospitare numeri così ampi: senza parlare ci stanno dicendo che, prima di ogni cosa, ci sono loro.

Se riusciamo a comprendere questo, la disaffezione alle consultazioni elettorali, la demagogia di chi mette gli ultimi contro gli ultimi, il vuoto pneumatico nella capacità politica di dare risposte efficaci e durature, diventano elementi chiari, perché la partecipazione che richiede una società democratica non si privilegia della loro presenza.

È vero, si sta cercando di proporre nuovi soggetti politici e sindacali, anche se non godono della dovuta enfasi, se non per sminuirne le potenzialità, realtà che devono essere portate avanti in modo distinto e chiaro. E cnon devono essere costruiti soltanto con le soluzioni proposte da chi ha ancora le energie ed il tempo da dedicare, ma è necessario cercare di indossare gli scomodi panni di chi non partecipa, perché NON PUO’, e nel far questo mettere in secondo piano le proprie esigenze, occorre far risorgere il valore della solidarietà.

Allora forse si comprende la volontà dei protagonisti che stanno cercando di cambiare la rotta, forse riusciamo a dare un senso a ciò che dice Maurizio LANDINI, quando ci parla di COALIZIONE SOCIALE, non come un soggetto politico, ma di una nuova visione della Politica, questo non per sue particolari capacità intuitive, ma per le prerogative che lo animano, che lo vedono da anni impegnato in sacrosante battaglie che proprio per le assurde condizioni economiche, per il prevalere di egoismi, non riescono ad essere efficaci. E qui sta l’errore di coinvolgerlo in campi che non gli appartengono, perché il Sindacato è, ma soprattutto deve ritornare ad essere, un elemento estraneo alle vicende dei partiti: deve essere strumento di confronto e proposta, a prescindere di chi ci sia al potere, deve attrarre la complessità dei soggetti presenti nel mondo del lavoro, che il progresso della nostra società ha realizzato in tutte le sue forme.

Allo stesso modo, chi si sta attrezzando a costruire una vera forza politica di sinistra assente da quasi 30 anni, perché assorta nell’indecisione se essere forza di governo o di lotta, deve adeguare gli obiettivi, non più rivolgere lo sguardo solo verso determinate classi sociali, non più concentrati solo alle richieste di chi ancora ha oggi (ma potrebbe perdere domani mattina) potenzialità di contribuire alla ricchezza del Paese, ma occupare tutti quegli spazi che consentono di allargare la potenzialità di crescita, in tutti i suoi aspetti, ambientali, energetici di rispetto dei diritti. Si deve comprendere che la globalizzazione non è solo un aumento di capacità del “mercato” ed inutile competizione, ma la determinazione che ognuno di noi si regge con l’aiuto reciproco di chi ti cammina a fianco.

Mirare a tutto ciò richiede il giusto tempo, la ricerca della sintesi di ogni singola esigenza sarà complessa ed articolata: bisogna essere attenti, ascoltare, non farci coinvolgere da facili distrazioni ed è per questo che dobbiamo abbassare il volume, sino a silenziarla del tutto, la “LA VOCE DEL PADRONE”.
E finalmente ascoltare la nostra voce.

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