Ma non era colpa dell’art.18?

precari

di Vincenzo G. PALIOTTI

Voglio fare qualche considerazione sul Jobs Act e sull’abolizione dell’art. 18 e sugli effetti che (non) ha determinato dal momento del suo varo ad oggi rispetto a quello che tutto che i fan del Presidente del Consiglio si aspettavano da questa riforma.

Perché le aspettative erano tante, bastava che solo una parte dei “benefici” elencati dal premier segretario si avverasse perché anche io, sempre critico e contrario, avrei dovuto convenire che, poi, tutto sommato “ci voleva”. E invece mi trovo ancora una volta a dire: “lo sapevo”.

Nell’approvare questa riforma non si è tenuto conto del fattore predominante, della materia che si trattava che è estremamente complessa, delicata e difficile. Non si crea lavoro potendo licenziare più facilmente.

Dal punto di vista della mia esperienza lavorativa di quasi quarant’anni posso dire che gli esperti in materia, quelli che di solito curano gli interessi della controparte, l’azienda, questo “dettaglio” lo hanno sempre ignorato dall’alto della loro arroganza e dalle loro posizioni agiate, intoccabili, che, della precarietà altrui, ripeto altrui, si sono sempre curati poco.

Basti ricordare l’ammissione del prof. Ichino per il quale l’abolizione dell’articolo 18 serviva in pratica solo per poter licenziare più facilmente, eppure aveva anche lui teorizzato che questa cosa avrebbe aiutato il mercato del lavoro: a favore di chi vedeva i diritti dei lavoratori come il fumo negli occhi, aggiungo io.

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Ossimori: Famiglia naturale, Povertà francescana, Europa cristiana

francesco

di Maria MORIGI

E’ bello occuparsi di figure retoriche, specialmente di ossimori dove si accostano concetti opposti. L’attributo capovolge il significato del sostantivo, oppure aggiunge un segno che fa a pugni col buon senso comune.

La Famiglia, ci si creda o no, inventata dalla convenzione sociale e dalla tradizione, riconosciuta dal Diritto, costituita per contratto matrimoniale, non appartiene alla Natura. Appartiene a pieno titolo alla Cultura che può siglare accordi, stabilire tutele, regole e scioglimenti dalle regole. E non entro nel merito delle opzioni di genere, vocazione e possibilità genitoriale che continuano ad apparirmi come esercizi praticati per imbrigliare e codificare la Natura che di per sè è varia e multiforme.

E questo anche per cercare di non cadere nella trappola delle “bombe d’acqua”, nuove di conio: come noto, prima si chiamavano “grossi temporali”.

Sul secondo termine, quello della Povertà, siamo tutti d’accordo che non ci piace se deve servire ai numeri delle statistiche o se viene usata in modi di dire come “la soglia di povertà” oppure “le nuove povertà”.

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