Hebron, questa è la mia terra

(dalla Redazione)

Proponiamo un video che è stato postato su Facebook, dalla pagina ufficiale di Vittorio Arrigoni.
Troviamo che sia un documento a dir poco sconvolgente e vi riportiamo alcuni passaggi fondamentali.
Il video dura circa un’ora e pensiamo che sia indispensabile vederlo interamente per poter capire esattamente chi siano i coloni e come viva la propria esistenza un palestinese ad Hebron.

• URI AVNERY – (ex parlamentare israeliano)

“In ogni altro paese, 500 persone che ne tengono in ostaggio e vessano 160.000, verrebbero chiamati fascisti.
Loro che sono arrivati 30, 40, 50 anni fa dall’Europa, considerano gli abitanti di Hebron come stranieri e loro vivono lì da 5000 anni.”

“L’israeliano medio non ha idea di cosa succede là. Non lo sa e non lo vuole sapere. Qui (a Hebron n.d.r.) succede quel che è successo a noi, nel momento più buio della nostra storia. Dopo che era finito tutti dicevano: “Non lo sapevamo, nessuno ce l’ha detto.”
Certo che non lo sapevano, perchè non volevano saperlo.”

 

 

• YAHUDA SHAULI – (Ex militare dell’esercito israeliano, oggi guida i turisti a Hebron per mostrare il vero volto dei coloni)

“…All’inizio quando siamo andati nel centro storico, siamo rimasti tutti shoccati. Dovevamo “sterilizzare” le strade per farci passare solo i coloni e proibire il passaggio ai palestinesi. Dovevamo sempre imporre coprifuochi ed invadere le case. Per strada vedevamo dei graffiti che ricordano la Germania di una volta.
Come: “Arabi nelle camere a gas”; “Fuori gli Arabi” con la stella di David. Un gruppo di noi non voleva prestare servizio ad Hebron. Eravamo shoccati, non riuscivamo a crederci.
Ad Hebron valgono due regole: devi proteggere i coloni e non arrestarli se li vedi attaccare i palestinesi.”

 

• DAVID WILDER – (Portavoce dei coloni di Hebron)

“Non è un militare, Yahuda Shauli che guida le visite, in qualsiasi paese normale sarebbe processato e impiccato (come traditore n.d.r.). Sfortunatamente Israele non ha ancora raggiunto questo livello di giustizia.”

 

•  GOSIAME CHOABI – (Sudafricano volontario nell’Ecumenical Accompaniment Programme)

“Come nero del Sudafrica non riesco a capire quello che Israele sta cercando di fare ai palestinesi. Alcuni hanno paragonato i due scenari ma per me sono incomparabili. Non avevamo muri alti, un’unica via di accesso e di uscita, nè strade solo per quelli di un’altra etnia. Potevamo tutti muoverci nelle stesse città ed entrare negli stessi negozi. La situazione qui non è paragonabile. Spesso lo chiamano ‘apartheid’ ma qui è molto peggio. E’ veramente angosciante.”

 

• HAMED QAWASMEH – (Residente palestinese)

“Se ancora credono di essere il popolo eletto beh, noi non crediamo che Dio sia un agente immobiliare che dice: “Questa terra è per voi, ragazzi e questa per voi”. Se Dio c’è, uno dei suoi grandi meriti è di essere giusto. Non dirà certo: “Questo è il mio popolo e gli altri sono spazzatura”. Questo non solo noi palestinesi, nessun altro accetterebbe di essere trattato come bestie e non solo, si prendono pure le nostre terre e ci deprivano dei nostri diritti. Nessuno, nessuno lo accetterebbe.”

 

• GIDEON LEVY – (giornalista israeliano)

“Se fossi un palestinese…Quando si vede Hebron e quello che gli sta accadendo, si può giungere ad un’unica conclusione. I palestinesi sono tra le persone più tolleranti e meno violente al mondo. Chiunque altro esploderebbe in una situazione così.”

“Come diceva Golda Meir, dopo l’Olocausto gli ebrei possono fare tutto quello che vogliono.
I diritti umani sono roba da salotti europei, per noi.”

 

• JESSICA MONTELL – (Organizzazione Israeliana Diritti Umani)

Per le leggi internazionali le colonie sono illegali. I cittadini israeliani non dovrebbero vivere ad Hebron. E’ territorio occupato, gli occupanti non possono viverci. Se poi si confronta questo con la realtà di Hebron ci sono poche centinaia di coloni e migliaia di palestinesi che stanno pagando un prezzo molto caro con restrizioni di movimento, violenze e soprusi a causa di una piccola popolazione di coloni. Insomma, se tutte le colonie vanno rimosse è chiaro che Hebron deve essere la prima.”

 

(grazie alla pagina Facebook di Vittorio Arrigoni per averlo proposto)

Un canto per Vik

Vittorio Arrigoni

 

di Elsa LUSSO

Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti…”.
Impossibile non condividere le considerazioni forti e sferzanti di Ivana Fabris: che possano scuotere le coscienze di tutti noi.
E come spesso mi accade, quando nel frastuono delle chiacchiere inutili arrivano parole vere, mi pongo sul solco tracciato. E proseguo il cammino.

Non sempre ci disinteressiamo di drammi che accompagnano il nostro percorso su questa terra per menefreghismo: semplicemente a volte ci si sente impotenti di fronte a tanto orrore e soffermarsi su certe tragedie fa troppo male. Così ci si ritrae, per difesa, sentendosi del tutto disarmati di fronte a tanto orrore. Ci si ritrae, come quando si viene investiti da un getto di acqua bollente: l’unico pensiero è ritrarsi, escludendo quel dolore bruciante.

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Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti…

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di Ivana FABRIS

“Che li ammazzino tutti, sono tutti terroristi”
“Il medio-oriente è sempre stato così”
“Gli arabi sono crudeli”
“Laggiù è sempre stato un ginepraio, è nella loro natura”
“Ma ti preoccupi per i palestinesi con tutti i problemi che abbiamo qui?”
“Se anche sparissero dalla faccia della terra non si accorgerebbe nessuno”
“Mandare soldi perchè non hanno fondi per i soccorsi? E a noi chi li dà i soldi quando abbiamo bisogno?”

∼∼∼

Ormai non hanno nemmeno più gli ospedali, a Gaza.
Lo hanno bombardato l’ospedale.
Chi è ancora vivo ha solo gli occhi per piangere, chi è ferito deve solo morire.

E oltre a quelli che addirittura quasi sostengono e parteggiano per questo vergognoso attacco contro la popolazione inerme, di fatto, all’occidente e alla massa del popolo italiano, importa se muoiono uomini, donne, vecchi e bambini?
In fondo loro sono là, distanti da noi e dalle nostre quotidianità così preziose. Continua a leggere

L’arca di Gaza. Una storia vera.

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di Vincenzo SODDU

In una guerra dove a essere colpita è soprattutto la popolazione civile, è fondamentale il ruolo delle Associazioni umanitarie.

Tante sono, nel caso di Gaza, le sigle che hanno sentito il bisogno di intervenire direttamente, con la loro presenza fisica, in un conflitto caratterizzato proprio dall’assenza dei Governi.

L’icona per eccellenza in questo campo è stato sicuramente Vittorio Arrigoni, vero e proprio Che moderno, che nel 2003 entrò a far parte dell’Organizzazione non Governativa International Solidarity Movement, e che nell’Agosto e nel Dicembre 2008 riuscì per ben due volte a superare la forza dei blocchi israeliani, sbarcando a Gaza e costituendo una spina nel fianco dell’informazione filo-sionista. Da allora si è iniziato a comprendere il significato del superamento del blocco marittimo, che Israele aveva imposto agli abitanti della Striscia, fuorviando i termini stabiliti dagli accordi di Oslo, soltanto allo scopo di incidere sull’economia e sullo stesso morale dei cittadini palestinesi.

Dopo le imprese di Arrigoni, la Freedom Flotilla aveva tentato anch’essa per ben due volte di forzare il blocco, e dopo la tragedia della Mavi Marmara aveva portato l’Estelle, nel 2012, prima della confisca e dell’arresto del suo equipaggio, a incontrare migliaia di persone in numerosi porti europei. Ecco, in ogni porto, Estelle ha in qualche modo rotto l’assedio.

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La terra degli aranci tristi

Free-Palestine

 

di Vincenzo SODDU

[Vincenzo SODDU è nato a Cagliari più di cinquant’anni fa. Da più di venticinque insegna materie letterarie nei licei cittadini. Da tre gestisce il blog http://libriedintorniblog.com/
Da due è apparso Eros in Sardegna, dove collabora con Giuseppe Pusceddu e Gianni Stocchino.
Lo scorso anno è uscito per Caracò il suo primo romanzo, La neve a Gaza. Ha in preparazione un nuovo numero della rivista Mieleamaro, Bacco in Sardegna, sempre con Giuseppe Pusceddu, Gianni Stocchino e Germano Orrù. Ha appena terminato un diario-romanzo sulla scuola.]

Era il 15 agosto del 2005 quando con l’ammainabandiera israeliana voluta a Gaza da Sharon e la conseguente evacuazione dei coloni dalla Striscia, il mondo per un istante si era illuso che Israele volesse cominciare a rispettare le risoluzioni firmate dodici anni prima a Oslo da Rabin e Arafat.

Fu necessario, invece, soltanto un anno per rendersi conto che quell’operazione voluta dal fiancheggiatore dei massacratori di Sabra e Chatila non era stata altro che un’enorme trappola studiata dal Falco sionista per trasformare quella che una volta era la Terra degli aranci, descritta magistralmente in una raccolta di racconti da Ghassan Kanafani, in una vera e propria prigione a cielo aperto… le restrizioni sulla pesca entro cinque miglia dalla costa, il divieto di superare la linea di confine con Israele e le alterne vicissitudini legate all’apertura del valico di Rafah con l’Egitto, unica porta all’ingresso di merci e uomini nel territorio palestinese, sono diventate con i mesi odiose realtà con cui convivere.
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