di Luca SOLDI
Povera Maria Elena, verrebbe da pensare, se non si dovesse che opporsi ai suoi desideri, visto che l’Italicum è una legge elettorale ancora più manifestatamente antidemocratica – e contraria alla rappresentanza come delineata nella Costituzione – del Porcellum.
Povera Ministro Boschi, costretta ad affannarsi nel cercare di evitare quelle trappole che tanti in giro si stanno – dobbiamo augurarci funzionino – ingegnando a piazzare.
Il suo compito di fare da contraltare alle parole forti del Premier, almeno fino ad adesso, sembra proprio lettera morta.
Il suo appello più che di richiesta, risuona solo come preghiera dispensata al vento.
La conclusione, qui di seguito, n’è la conferma:
“Mi auguro che tutti i gruppi parlamentari- ha dichiarato il Ministro- decidano di discutere senza ricorrere al voto segreto, che è una possibilità e non un obbligo, e che la battaglia avvenga a viso aperto”.
Gli antefatti quotidiani d’altra parte lasciano poco spazio alla riflessione, l’atteggiamento che Matteo Renzi non mostra di saper possedere.
La maggioranza si è ritrovata, viste le sostituzioni imposte dal Presidente del Consiglio, del tutto compatta in Commissione Affari Costituzionali, a votare la riforma della legge elettorale.
Il testo “agevolmente” ha preso la strada che lo porterà lunedì prossimo alla discussione nella Camera.
Licenziato, però, in modo completamente snaturato rispetto allo spirito che sarebbe necessario per di una riforma di tale fatta.
In pratica ha ricevuto i soli voti dei nuovi nove componenti del Pd che avevano sostituito con quell’atto di forza i dieci precedenti, destituiti dal Premier-Segretario, perché troppo tiepidi e dubbiosi. Pensanti, insomma.
Le opposizioni, quelle vere, hanno colto al balzo l’occasione.
Con il pretesto di dare solidarietà ai vari Bersani, Cuperlo e Bindi, contro l’atto d’impero di Renzi, hanno deciso di ritirarsi sul solito, inconcludente, Aventino.
Voltata questa pagina tutto sembra ormai diventare finalizzato allo scontro che comincerà lunedì nell’Aula della Camera.
Scontate le bordare a salve di una Forza Italia, sempre più stanca e logorata, nella componente berlusconiana.
Ormai i tempi legati ai patti d’acciaio, che comunque ha già prodotto i suoi effetti nefasti col Jobs act, sembrano (non fidarsi è meglio) abbastanza lontani.
Brunetta, invocando a gran voce il voto finale segreto, ha più volte ripetuto allo scandalo in merito alla “deportazione di massa nei confronti dei Commissari allontanati dal Premier”.
Un “soccorso azzurro” invece, potrebbe arrivare dalla rinvigorita compagine dei “verdiniani”.
I seguaci, la pattuglia dei fedelissimi del mai rinnegato Denis Verdini, potrebbero diventare punto di sostegno non indifferente. Una quindicina di preziosissimi voti.
Rispolverando così un’amicizia che viene da lontano, e da vari interessi in comune.
Una vicinanza che era stata il fondamento di quel Patto del Nazareno che potrebbe proprio da questo passaggio tornare in auge anche per le future strategie di più ampio respiro.
Un po’ meno solidali e scontate, invece le parole di Enrico Letta e di Rosy Bindi su La7, intervistata da Lilly Gruber.
Parole piene di riferimenti, di segnali e di preoccupazioni per una legge che rischia di consegnare il Paese nella migliore (sic!) delle ipotesi al Partito della Nazione ma anche, in un futuro neppure troppo fantastico, a formazioni che di democratico potrebbero conservare ben poco.
In sostanza, da molte parti, salvo dunque gli opportunisti, si è ribadito la necessità di poter condividere quelle che dovranno essere le nuove “regole del gioco”.
Nello stesso modo, ne più ne meno, com’è avvenuto in tutte le altre occasioni nelle quali si sono toccati temi così delicati per la sopravvivenza di una Repubblica che vuole continuare a considerarsi democratica.
(Immagine dal web)