Dichiariamo illegale la povertà. Nel nome della nostra Costituzione

povertà

di Luca SOLDI

La giornata mondiale contro la povertà arriva, oggi sabato 17 ottobre, in un Paese che faticosamente prova a risalire la china, ma che ospita, malgrado i richiami ad essere positivi, più di 8 milioni le persone in povertà relativa e 4,5 milioni in quella assoluta. Non bastano i famosi ristoranti pieni ed i locali esclusivi con il tutto esaurito a nascondere un quarto della popolazione, che secondo i dati Eurostat è in povertà, mentre un terzo ne viene minacciato.

Nel nostro Paese il rischio di diventare povero, anche per la classe media e’ altissimo.

La probabilità di rimanere in condizioni di indigenza poi, è tra i più alti d’Europa. Il rischio e’ 32,3% rispetto alla media europea del 26%. Devastante anche la situazione dei minori indigenti. In Italia sarebbero un milione. Non troviamo aggettivi a definire, poi, la situazione legata alla dispersione scolastica. Arriva al 17,6% contro il 13,5% della media europea.

Un flagello di portata inimmaginabile dal punto di vista morale e sociale per un Paese che vorrebbe essere considerato come esempio per tutta l’Europa. Le nuove generazioni sono dunque inconsapevoli vittime di una lotteria genetica che ne vede segnato il destino fino dalla nascita.

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C’era una volta il sindacato

scioperofiat

di Nello BALZANO

C’era una volta un sindacato che si chiamava CGIL che si diceva essere legato al Partito Comunista Italiano, ma anche la Democrazia Cristiana per non sentirsi inferiore aveva il suo sindacato di riferimento ed era la CISL, in mezzo ci stavano i Socialisti che scelsero di legarsi alla UIL: poi venne un giorno che questi tre partiti decisero di unire i loro valori (è una fiaba, chiaramente) e fondarono un partito che si chiamava Democratico.

Cosicché non si poteva più pensare ad una cinghia diretta di trasmissione con tutti e tre i sindacati, ma non cessò un riconoscimento della loro importanza sociale, e si cercò il più possibile di mantenere un rapporto di collaborazione, tanto da accogliere a braccia aperte tra le loro fila esponenti di spicco dei sindacati stessi.

Ma i democratici, ubriacati dalla loro bramosia di potere, capirono che questa vicinanza stava stretta ed era di impiccio rispetto ai rapporti, che lentamente diventavano privilegiati, con i gruppi di comando dell’economia del Paese.

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Colpo di Stato? Noi, peggio della Grecia

colpodistato

– Qual è l’umiliazione più forte che subisce il lavoratore?

‘Che si decida senza che lui possa aprire bocca e discutere’.

Bruno Trentin risponde a Enzo Biagi, Dicono di lei, 1978

di Nello BALZANO

L’argine da superare era l’art. 18, da lì in avanti è stata, per il governo, una passeggiata.

Il “Totem” – la destra lo definiva così, ma era il baluardo di diritti e tutele concrete – da demolire per conto della Confindustria era quello. Ricordiamo quanti annunci e smentite, palleggi da una parte all’altra, Renzi che smentiva Alfano, Poletti, che confermava Alfano, Renzi che confermava entrambi, la vecchia guardia che osservava senza reagire, il Sindacato che non poteva immaginare che ciò sarebbe successo e viaggiava in ordine sparso: solo la CGIL ha provato una reazione un po’ più dura. Poi, la totale vittoria degli interessi dell’impresa e la totale sconfitta dei lavoratori.

Ripeto, risolta quella questione tutto il resto è una passeggiata. Dopo lo zuccherino degli 80 euro con il doppio obiettivo di acquistare voti alle europee e calmare i lavoratori, già duramente provati dalla crisi, gli ostacoli da superare erano sempre meno: dall’abolizione dell’art. 18 in avanti ha preso forma quello che possiamo definire il cantiere principale, la cessione di sovranità al sistema capitalistico senza freno.

Chi studierà in futuro questo periodo, non riuscirà a capire l’identità del protagonista principale, perché nessuno vorrà assumerne la paternità, perché gli effetti positivi propagandati, la mitologica “ripresa”, non saranno mai realizzati.

Pensate che stia esagerando? Forse, ma fate mente locale senza guardare ai nomi, alle appartenenze politiche: chi di voi dopo le elezioni del 2013, poteva immaginare uno sviluppo del genere? Nessuno dei candidati aveva in programma simili progetti, perché tutti ricordiamo che le indigeste ricette del governo Monti, hanno provocato ferite a destra e sinistra, l’impegno che tutti si erano presi era rimediare all’austerità, agli attacchi subiti dai pensionati e dai lavoratori che si sono trovati senza colpo ferire più lontano dai loro progetti futuri. Ognuno di noi ha perso riferimenti: il sistema imprenditoriale è stato facilmente liberato dai sindacati, il sistema scolastico adeguato al potere politico, l’informazione pubblica, idem: ma per questa non era necessario mettere in campo molte energie per evitarlo, era già forgiata e schierata da tempo.

Riflettete: abbiamo discusso tanto della Grecia, ma ciò che lì ha richiesto il pugno duro, con l’umiliazione continua dei suo governanti, da noi è stato fatto senza provocare nessun trauma sociale e politico: le lotte e gli scioperi diventano semplici azioni di disturbo, quando nessuna parte politica ne rappresenta gli interessi.

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Diamo i numeri. Ma non siamo pazzi!

colosseo

Ieri, in singolare coincidenza con l’assemblea sindacale in alcuni siti, è arrivato lo sblocco dei fondi per pagare i salari accessori di tutti lavoratori del Mibact per il 2014 e per il 2015.

Evidentemente la mobilitazione è servita a prescindere da quanto accaduto al Colosseo

Claudio Meloni, coordinatore CGIL – Mibac (ANSA)

di Nello BALZANO

Quando si parla di diritti del lavoro e di sindacati, nel governo e nel Pd cominciano a dare fuori di testa.

Un po’ di follia, infatti, aleggiava ieri sera su Twitter dove il sottosegretario ai Beni culturali Barracciu ha cominciato a parlare di “reato” per l’assemblea sindacale indetta secondo tutte le regole dai lavoratori del Mibac al Colosseo.

“L’assemblea sindacale che danneggia centinaia di turisti paganti che dedicano un giorno di ferie al Colosseo e decine di guide turistiche è un reato!”.

Si è poi corretta.

reatobarracciu

Ivan Scalfarotto non è voluto essere da meno. Gli scioperi potranno essere indetti ma solo se notificati dal New York Times.

scalfarotto

 

E allora ho pensato che è bene dare un po’ di numeri a chi se li è dimenticati.

33; 34. Tutti siamo cresciuti, ci siamo educati e formati fin da piccoli, grazie alla scuola ed alle università.

32. Abbiamo anche imparato a stare attenti alla nostra salute, con le visite o gli esami necessari, ma pur con le tante attenzioni che uno dedica alla propria salute, chi di noi non ha avuto bisogno di recarsi in un ospedale, per un’urgenza o una necessità non programmata?

16. Ci siamo abituati, tanto da non rendercene conto, che sentiamo il bisogno di muoverci liberamente e ci crea malumore, quando questo diritto ci viene ostacolato.

24. Possiamo poi fare a meno di sentirci tutelati e difesi da pericoli o da situazioni che mettono in discussione la nostra incolumità? Ma non solo, sappiamo che tutto ciò che riguarda la salute è usufruire di servizi che dobbiamo considerare indispensabili, come acqua, luce, gas.

21. Credo di non esagerare se dico che sentiamo la necessità di essere informati, può succedere per situazioni particolari, che questo ci venga impedito. Beh credo che capiti a molti di soffrire questo disagio, anche chi mostra apparentemente indifferenza alle notizie che lo circondano.. ..

3. Sappiamo anche che di fronte alla legge tutti siamo uguali e per permettere che questo si realizzi, sappiamo che lo Stato ci fornisce tutti gli strumenti idonei, fin nel supporto legale minimo per la nostra difesa da qualsiasi accusa veniamo colpiti.

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Credergli? No, non ce la posso fare

boschitg

di Nello BALZANO

Sono dappertutto, su ogni tg, talk show, programma sportivo: fra poco inseriranno loro proclami anche nei film. Cercano in tutti i modi di farmi diventare renziano.

“Dai, dai. Convinciti anche tu”, con una voce ipnotica. Sembra di stare in “1984” di Orwell.

E come puoi restare indifferente di fronte al ministro Maria Elena Boschi che dice: “I sindacati hanno contribuito a bloccare il Paese”, saranno i suoi occhi azzurri, la sua “semplicità”, le sue origini da famiglia “operaia”, forse, però, la cosa che condiziona di più, sarà la sua appartenenza al più grande partito di “sinistra”, vero?

Ma la sua timidezza forse le ha impedito di andare oltre, perché a quel punto avrei anche detto: “cari lavoratori che siete stati assunti con il Jobs Act, se per caso avrete un problema con il vostro padrone (non è un errore, mi sto adeguando al nuovo linguaggio dei tempi odierni), non bussate la porta di quegli sfaticati di sindacalisti, prendete appuntamento con il professor Ichino, solo lui è in grado di spiegarvi che: licenziato è bello”.

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Acqua di Lourdes

cappio

di Manuela PASQUARELLI

C’è un giorno in cui si muore. Non sempre coincidente col giorno in cui si ferma il cuore.
Capita che sia un giorno qualunque, un giorno apparentemente come un altro, ma poi tutto è solo un sopravvivere. A testa bassa, cuore stretto in una morsa ed occhi spenti.

Profondo e sordo e tormentoso il male che spezza respiro e gambe. E giorno dopo giorno e le notti divorano la forza di andare avanti. La voglia di vivere.

Se il giovane disoccupato fa pena (ma mi sorprendo ad incitarlo: “fuggi da questo insano paese”), l’ultra-quarantenne-cinquantenne esodato o licenziato perché l’azienda ristruttura o cede una sua parte e lui, che sembrava sano e forte, LUI si sente respinto perché VECCHIO e si ritrova “a spasso”, perché l’azienda punta sui giovani (meglio manovrabili?)… beh, LUI ti strazia d’impotenza!

Cosa vuoi che gli freghi all’azienda di tutta la sua esperienza e delle sue indubbie capacità? Una ceppa gliene frega all’azienda!
Quando non è direttamente il capo dell’azienda a soccombere alle regole sregolate e disumane…

E di tutti quei DEBOLI sfruttati e schiavizzati, d’ogni colore e religione e latitudine, ne vogliamo parlare?
E dell’IGNORANZA che ottunde e livella al basso più basso?

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Al funerale di Roma

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di Riccardo ACHILLI

In fondo, il funerale a Vittorio Casamonica è il naturale manifesto mediatico di una città che ha visto, dagli anni Settanta – e con il contributo iniziale della banda della Magliana (che però non era ancora una organizzazione mafiosa ai sensi del 416 bis) e delle mafie siciliane, campane e calabresi che creavano terminali nella capitale per mediare meglio con il sistema politico – una progressiva trasformazione in senso mafioso della sua tradizionale criminalità.

Trasformazione che, con Mafia Capitale (dentro la quale i Casamonica risultano comunque indirettamente implicati in un sistema di spartizione del territorio di influenza) si è completata.

Gli stessi Casamonica, che nascono come clan di rapinatori, estorsori, organizzatori di bische e gioco d’azzardo clandestino, e che diventano un vero e proprio clan mafioso, con radicamento sociale, sono l’emblema di questa traiettoria.

Roma oggi ha una penetrazione mafiosa non seconda, e anzi superiore, per pericolosità sociale ed inquinamento istituzionale, a Palermo.

E non è sufficiente prendersela con la sola gestione Alemanno (che indubbiamente ha accelerato la degenerazione degli apparati amministrativi del Comune e delle sue partecipate, e contribuito a quel clima di “cameratismo” che ha fatto affiorare una mafia connotata da forti legami politici nel mondo dell’eversione neofascista degli anni Settanta ed Ottanta).

La struttura territoriale del PD romano è ampiamente inquinata, i sindaci precedenti, e soprattutto Veltroni, hanno abbandonato a sè stessa la periferia, che si è rapidamente trasformata in no-man’s land e brodo di coltura della destra collusa con la criminalità, i sindacati non hanno controllato con la severità con cui avrebbero dovuto controllare nei posti di lavoro pubblici, il mondo dell’impresa ha vissuto parassitariamente su appalti e gare pubbliche comunali, producendo la base di un business mafioso, il mondo della cooperazione è stato aziendalizzato, perdendo la sua finalità sociale originaria, e divenendo canale per un capitalismo aggressivo basato sul denaro pubblico, facilmente infiltrabile dalla criminalità organizzata.

 

Non credete agli arruffapopolo che hanno indebolito lavoratori e sindacati. Esattamente come Renzi

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di Nello BALZANO

Se siamo arrivati al punto che Matteo Salvini chiama in piazza il “popolo”, chiedendo a Grillo di scendere in piazza con lui, significa che non c’è più speranza.
Se diamo alla destra questa opportunità perdiamo ogni possibilità di combattere in futuro per i nostri diritti.

Siamo di fronte alla disperazione del popolo usata per fini elettorali da coloro che non hanno mai avuto rispetto per chi soffre, da coloro che governano in Lombardia con chi, per la prima volta, ha parlato di eliminazione dell’art. 18 (ministro leghista Maroni), provocando la giusta reazione dei 3 milioni un piazza con Cofferati, da colui (Grillo) che ha sputato veleno sui pensionati e sui sindacati, ogni volta che elencava i mali d’Italia.

È chiaro che nessuno ostacolerà questo triste evento, perché credo sarà un prevedibile flop, perché per organizzare tutto ciò occorre essere radicati negli ambienti di lavoro, nei territori, non è sufficiente il passaggio su qualche inutile trasmissione televisiva o in rete.

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Maurizio Landini: con il popolo greco nella lotta contro il debito e l’austerità

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[traduzione dell’intervista su AVGI di Argyrios Argiris PANAGOUPOLOS]

“Il governo greco ha sollevato la questione della ristrutturazione del debito dei Paesi, la fine dell’austerità e la ricostruzione dell’Europa su basi democratiche e di solidarietà”, ha detto ad “Avgi” Maurizio Landini, il segretario generale del più grande sindacato italiano di metalmeccanici, la Fiom – Cgil, che come è noto ha sostenuto le iniziative a favore della Grecia in Italia. Il leader del sindacato italiano ha avvertito che la democrazia in Europa è in pericolo, sottolineando che il governo greco, con la sua posizione durante la dura negoziazione con l’UE, è riuscito a dimostrare che “il re è nudo”.

Renzi ha promesso una grande riduzione delle imposte partendo con l’abolizione della tassa sulla prima casa….

I governi in Italia da vent’anni promettono di tagliare le tasse. Ma lo hanno fatto determinando da un lato un grande aumento della tassazione del lavoro dipendente e dall’altro l’aumento dell’evasione fiscale, che in Italia non ha precedenti per i suoi livelli alti. Le dichiarazioni del presidente del Consiglio hanno più il sapore delle promesse elettorali (per altro rivolte solo a determinate categorie a partire dalle imprese) e non facilitano nessun modo la ridistribuzione della ricchezza. Non ha detto una parola sulla lotta all’evasione fiscale, come non ha detto nulla su come ridurre il debito pubblico del nostro Paese. Queste sono in realtà le due condizioni preliminari, se si vuole una seria riforma fiscale, che colpisca l’evasione fiscale e riduca con questo modo la tassazione sul lavoro dipendente. Ma contemporaneamente bisogna cominciare a tassare i patrimoni, perché in Italia esiste il paradosso di avere bassi redditi ad alta tassazione, anche per i lavoratori autonomi e gli imprenditori, ma non esiste nessun tipo di imposte che colpisca i grandi patrimoni e le grandi ricchezze. Peraltro il governo Berlusconi aveva ridotto persino la tassa di successione, che Prodi prima di lui aveva alzato, ma nessuno ha poi rimediato a quell’errore.

Il presidente del consiglio ha detto che l’abolizione della tassa sulla prima casa si farà se si applicheranno le riforme. Questo significa che ci sarà un nuova ondata di austerità e un nuovo attacco ai diritti dei lavoratori e dei cittadini?

Questo è in realtà un messaggio al Parlamento e al suo partito, perché questo momento cerca di far passare la riforma della scuola, della costituzione e della legge elettorale. Ci troviamo di fronte ad una situazione assurda, perché si promuovono riforme che non hanno nessuna relazione con i bisogni del Paese.

La Fiom si sta organizzando per la costruzione di una coalizione sociale, per la difesa dei diritti dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mentre altri si muovono per l’organizzazione dei referendum popolari…

La realtà è di fronte gli occhi di tutti. I dati ufficiali mostrano che nonostante il taglio delle pensioni, l’abolizione dei diritti dei lavoratori e i tagli alla pubblica istruzione il debito pubblico italiano è salito ulteriormente. Il nostro debito è aumentato di 80 miliardi di euro. Questo rappresenta un vero problema, ma nessuno vuole discutere come affrontarlo. Al contrario, doveva essere l’obiettivo di una grande campagna politica in tutta l’Europa. Abbiamo bisogno di discutere e di ridefinire la ristrutturazione dei debiti in tutti i paesi. Ne abbiamo assolutamente bisogno.
Per quando riguarda le azioni e le mobilitazioni della Fiom abbiamo in programma di organizzare nel mese di ottobre una grande manifestazione mettendo al centro le relazioni sul lavoro e le diseguaglianze sociali, partendo dalla rivendicazione di un reddito di dignità per tutti i disoccupati. Abbiamo bisogno di lotte vere per cambiare le politiche economiche e sociali del governo.

Come ha visto la situazione in Europa partendo dalla crisi greca?

Il governo greco e Alexis Tsipras in prima persona hanno fatto quello che potevano. Si sono trovati da soli contro tutta l’Europa, contro tutti i paesi. Quello che è successo a Bruxelles segna la fine della socialdemocrazia in Europa, perché quando i socialdemocratici tedeschi arrivano a urlare parole più pesanti contro la Grecia persino di quelle usate dal governo tedesco vuol dire che ci troviamo di fronte ad un pericoloso “pensiero unico”. Dall’altro lato la cosa positiva di questa dura e difficile vicenda per il popolo greco e le misure che è stato costretto ad accettare, è il fatto che il governo greco è riuscito a mostrarci che “il re è nudo”. Nessuno ha ora un alibi. Se non cambieranno le politiche di austerità e non si riaprirà il dialogo per la riduzione e ristrutturazione del debito, non solo in Grecia o in l’Italia ma in tutta l’Europa, ci troveremo di fronte al crollo dell’Europa stessa, come la abbiamo conosciuta o come l’avevano costruita. Questa è la grande sfida e la battaglia che dobbiamo continuare.

Mi dispiace del fatto che il governo italiano in sostanza non ha mosso un dito, non ha aperto una vera battaglia per chiedere una Conferenza Europa per il Debito, non solo come elemento di solidarietà verso il popolo greco, ma come un grave problema che affronta lo stesso nostro paese.
L’Italia paga ogni anno almeno 80 miliardi di euro per gli interessi del suo debito pubblico. Oggi i paesi più poveri pagano gli interessi alle banche dei paesi più ricchi dell’Europa. I sindacati devono stare in prima linea per affrontare il problema del debito. Il governo greco e lo stesso Tsipras continuano a svolgere un ruolo molto importante per aprire una nuova prospettiva per l’Europa.

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Sempre e solo propaganda

ipnosi

di Vincenzo G. PALIOTTI

E quindi la riforma elettorale è andata in porto: a meno di strascichi costituzionali, che sono certo ci saranno, Renzi ha portato a casa la seconda riforma del suo “impero” (basso). Anche questa ottenuta con lo strumento ricattatorio della fiducia.
A nulla sono serviti gli “appelli”, le argomentazioni delle opposizioni, anche di quelle interne al PD futuro Partito della Nazione: lui è andato avanti come un treno che ferma solo nelle stazioni principali, o quelle che lui ritiene tali. Questa volta ha saltato anche Arcore, almeno secondo quanto dichiarava Brunetta alle dichiarazioni di voto, dimenticandosi che al Senato la legge è passata solo per voti di Forza Italia.
Dopo il Jobs Act e l’Italicum, in questo suo gioco al massacro delle tutele del lavoro e delle istituzioni pubbliche, seguirà la riforma della scuola ed è quasi certo, viste le reazioni delle opposizioni ma anche delle bellissime piazze dello Sciopero Generale di oggi, finirà come al solito con un nuovo ricatto di fiducia. Verrà così eliminato ancora una volta il dibattito in Parlamento che ogni giorno che passa perde le sue funzioni. Si, certo. Dopo la folla oceanica di oggi, pare che finalmente il Presidente del Consiglio voglia ascoltare gli insegnanti. Ma io, visti i precedenti, non mi fido.

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